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ASSOROLOGI CONTRO LA PENALIZZAZIONE DEL CONTANTE

Lo scorso 15 ottobre ASSOROLOGI e FEDERPREZIOSI hanno diramato un comunicato congiunto, che ha avuto vasta eco sugli organi di informazione, contro l’ipotesi di abbassamento del limite di utilizzo del denaro contante. Ecco il testo del Comunicato, che mantiene tutta la
sua validità anche alla luce del successivo orientamento del Governo, circa uno slittamento di alcuni mesi del provvedimento in questione.

ASSOROLOGI e FEDERPREZIOSI CONFCOMMERCIO esprimono viva preoccupazione per l’ipotesi, formulata in sede di definizione della manovra economica 2020, di ridurre a 1.000 euro il limite di utilizzo del denaro contante.

Tale limite, già in vigore fino a quattro anni fa, si è dimostrato anacronistico, inefficace ai fini del contrasto dell’evasione fiscale e inutilmente penalizzante per le imprese del settore orafo ed orologiero soprattutto quelle ubicate in aree di confine, e per i consumatori, anche considerando le normative dei Paesi europei, molto più tolleranti, e la stessa normativa dell’UE che indica soglie assai più ampie.

Si tenga presente che il comparto orafo-orologiero, che attraversa da alcuni anni una preoccupante fase di f lessione, è attualmente rappresentato da circa 15.000 aziende con quasi 40.000 addetti: si tratta quindi di un mercato che necessita di supporto e non di nuovi ostacoli alla crescita. «Siamo preoccupati per queste ricorrenti ipotesi di penalizzazione dell’utilizzo del denaro contante – dichiara il Presidente ASSOROLOGI Mario Peserico -. Si tratta di una misura che si è dimostrata penalizzante verso le nostre imprese e del tutto inutile a contrastare evasione e riciclaggio. Questi fenomeni criminali non vengono generati nei negozi e non è colpendo l’utilizzo del contante che li si potrà efficacemente arginare».

Analoghi timori vengono espressi dal Presidente di FEDERPREZIOSI CONFCOMMERCIO Giuseppe Aquilino che ribadisce, sulla dichiarazione del Presidente Peserico, come “siano ancora ben presenti nella memoria dei dettaglianti orafi le negative conseguenze subite da
aziende del settore operanti in zone ‘frontaliere’ a causa della loro vicinanza operativa a Paesi in cui erano in vigore soglie di utilizzo del contante differenti da quelle italiane, se pure nell’ambito dei limiti previsti dalla Direttiva Comunitaria. Come già da noi denunciato in occasione delle richieste avanzate a suo tempo al Governo Renzi per favorire l’aumento della soglia dei contanti da 1.000,00 a 3.000,00 Euro, il fenomeno della ‘migrazione’ di clienti potrebbe ancora una volta trovare terreno fertile nelle nuove ipotesi formulate dal Governo, che, a nostro giudizio, su questa materia dovrebbe favorire a livello comunitario un’opportuna armonizzazione in termini di utilizzo della moneta contante.”

PARTI DI RICAMBIO – ISTRUTTORIA DELL’ANTITRUST

All’inizio di novembre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria presso i Brand di orologeria, finalizzata a conoscere le modalità di distribuzione delle parti di ricambio anche in rapporto ai contratti di distribuzione selettiva in essere. In attesa che l’Antitrust acquisisca gli elementi utili a completare l’istruttoria, è utile ricordare quali sono i termini del problema relativo alle parti di ricambio.

In estrema sintesi, si tratta di una “querelle” di vecchia data che vede contrapposti gli orologiai indipendenti (cioè non legati da vincoli contrattuali con le marche di orologeria per la gestione di servizi di assistenza tecnica) e le Case produttrici. I primi chiedono di poter avere libero accesso alle forniture di marca per poter svolgere al meglio il loro lavoro e garantire riparazioni di qualità utilizzando componenti originali, mentre le seconde ritengono di avere il diritto di tutelare la qualità degli interventi di assistenza tecnica attraverso la loro rete di centri di assistenza. Inoltre, e la questione non è evidentemente di poco conto se si considera l’enorme dimensione dell’industria della contraffazione, le Case hanno tutto l’interesse ad impedire una diffusione incontrollata di ricambi originali che contribuiscono ad alimentare il mercato dei prodotti contraffatti.

Ciascuno dei “contendenti” ha le sue ragioni e sono ragioni fondate e rispettabili. Tutti si appellano alla libertà di impresa e reclamano il diritto a lavorare o quello a determinare le proprie politiche commerciali e distributive. Tutti, inoltre, si ergono a difensori dei diritti del consumatore: secondo i tecnici orologiai il consumatore ha diritto a scegliere liberamente il laboratorio tecnico di sua fiducia e di ottenerne il miglior intervento possibile, secondo le Case, viceversa, il consumatore ha diritto a un’assistenza tecnica di prim’ordine ed estremamente qualificata, come solo quella erogata dai Centri di assistenza delle Marche è in grado di assicurare.

L’impasse su questo tema dura da anni e i tentativi di trovare soluzioni negoziali sono regolarmente naufragati. Da tempo sono anche state avviate azioni dirette ad ottenere soluzioni normative in sede comunitaria, ma, fino ad oggi, senza alcun esito.

Nel 2003 i riparatori europei hanno costituito una loro Confederazione (CEAHR) con lo scopo di perorare la causa della libera circolazione delle parti di ricambio e della libertà d’impresa ed hanno agito sia sul piano normativo sia sul piano giudiziario.

La situazione, ad oggi, pare piuttosto chiara: né la Commissione Europea né la Corte di Giustizia hanno mai accolto le istanze dei riparatori indipendenti e la linea perseguita da alcune (non tutte) Case produttrici è sempre stata ritenuta conforme alle regole del mercato europeo. L’ultimo importante passaggio di questa vicenda ancora una volta sancisce la correttezza delle politiche di tutela del brand poste in essere dalle Case.

Infatti, con decisione del 23 ottobre 2017 la Seconda Sezione della Corte del Lussemburgo ha rigettato il ricorso presentato a suo tempo da CEAHR – Confederazione europea delle Associazioni degli Orologiai Riparatori, affinché la Corte stessa annullasse la precedente, sfavorevole, decisione della Commissione Europea del 29 luglio 2014. Parallelamente, anche le competenti autorità elvetiche si sono espresse nella stessa direzione.

Nell’agosto 2018 la COMCO, la Commissione per la Concorrenza della Confederazione Elvetica, ha deciso di non procedere nei confronti dei principali Gruppi industriali del settore, uniformandosi in tal modo alle pronunce favorevoli ai Brand già adottate dalla Commissione Europea e dalla Corte di Giustizia.

 

di Andrea Arnaldi

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